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Sand Play Therapy

Sand Play Therapy

Il gioco della sabbia (Sand Play) è un metodo psicoterapeutico ideato da Dora Kalff, psicoanalista svizzera allieva di Jung, che ha come riferimento teorico la concezione junghiana della psiche. Nasce dall’osservazione della potenzialità terapeutica che ha l’immaginazione per la psiche; “…tutto il lavoro umano trae origine dalla fantasia creativa, dall’immaginazione; come potremmo averne una bassa opinione?” (Jung, 1929)
La sabbiera è costituita da una cassetta rettangolare di proporzioni armoniche (il lato corto corrisponde alla sezione aurea della diagonale) con il fondo celeste e contenente sabbia.

Con l’applicazione sempre più diffusa della metodica ad un ampia gamma di patologie psichiche sia in ambito privato che pubblico, (Disturbi dell’adolescenza, Disturbi d’ansia, Disturbi depressivi, Disturbi dell’alimentazione anoressico-bulimici, Disturbi psicosomatici), si è andata delineando la grande potenzialità di questo mezzo che è entrato a pieno titolo da più di trent’anni nell’analisi dell’adulto. Il livello corporeo e sensoriale attivato dal gioco riesce a dare una forma visibile a emozioni e affetti ancora non rappresentabili e quindi lontani dalle possibilità espressive della parola.
“Spesso accade che le mani sappiano svelare un segreto intorno a cui l’intelletto si affanna inutilmente” (Jung, 1957-58).

La sabbia è un materiale indistruttibile: “può ricevere il gesto più delicato come l’azione più violenta e restituire sempre un segno senza essere distrutta; …resiste e sopravvive a tutte le ingiurie”….”per il suo carattere informe, ben rappresenta l’indistinzione che precede l’intuizione di una forma”…………… il disorientamento della coscienza che ancora non vede si riflette nella uniformità apparente della sabbia, simile ad una distesa desertica”(Aite P.2002).

Sarebbe un errore pensare che le immagini dell’inconscio (quindi anche le immagini oniriche che compaiono nei nostri sogni) possano venire immediatamente applicate come se fossero una rivelazione…sono solamente la materia prima, e per acquistare un senso devono ancora venire tradotte nel linguaggio…. (Jung, 1928/1931).

L’emozione raggiunge la dimensione di affetto condivisibile tramite la rappresentazione mentale. Solo dopo un lungo processo elaborativo può arrivare al linguaggio.

La sabbiera diviene pertanto quello “spazio libero dove l’emozione diventa rappresentazione, superando i limiti spesso difensivi del linguaggio condiviso” (Aite P.2002).

In un mondo sempre più dominato dalla tecnica ma con un bisogno crescente di senso, l’uso di una metodica che unisca il gesto alla parola è un mezzo quanto mai attuale per passare dal piano concreto a quello simbolico, dall’immagine al linguaggio.